Sono trascorsi quasi quarant’anni dall’uscita del romanzo più discusso (e forse più intenso e significativo) di Elsa Morante, eppure certi aspetti del dibattito che si aprì allora non sono del tutto risolti, a cominciare dal rapporto tra la letteratura e la realtà, eterno dilemma irrisolto e forse irrisolvibile, dato che ci sarà sempre qualcuno a sostenere la necessità di separare questi due ambiti in nome e per conto di una presunta “purezza” della letteratura. Tra l’altro, se si pensa che la Morante andò sempre controcorrente anche in questo senso (quando da lei ci si aspettava il realismo e il sociale rispondeva con l’intimismo e un certo tipo di fantastico, e viceversa), ci si rende facilmente conto di quanto sia difficile “tirare per la giacca” la sua opera. Scrittrice scomoda e caratterialmente un po’ scontrosa (fu forse per questo che così poca gente partecipò al suo funerale?), Elsa Morante occupa un posto di assoluto rilevo nella nostra letteratura novecentesca, anche se non sempre questo ruolo le viene riconosciuto, così come non le veniva riconosciuto nemmeno quando era viva. Seguendo le tracce di un’esistenza problematica e comunque “piena”, cercheremo di restituire ai lettori una figura di donna e di scrittrice che, a nostro avviso, non ha solo segnato un’epoca (quella del lungo dopoguerra italiano), ma che, ancora oggi, ha molto da dirci.